La Storia
1. Cenni storici
Si erge monumentale in Piazza Prefettura il Palazzo Brienza, antico edificio padronale le cui prime notizie risalgono alla seconda metà del 1700. Il proprietario dell’edificio, all’ epoca, fu un massaro di nome Filippo Ricotta, il quale grazie alla sua condizione economica e al Catasto Onciario di Carlo di Borbone, ebbe modo di risiedere in Vico Ricotta che tutt’oggi vede la sua denominazione mutata in Via Nicola Alianelli. Proprio nell’ora Vico Ricotta vi era una casa, definibile “palazzinata”, in quanto caratterizzata dalla presenza di un piano terra e di un ammezzato, che godeva di una posizione centrale tra il piccolo largo della chiesa di San Francesco, Vico Ricotta, Via Pretoria e Vico Scalese.
Nel 1813 il Catasto indicò come eredi del Palazzo Brienza, i figli di Filippo Ricotta, Salvatore e Gerardo, i quali furono fautori della modifica del loro cognome da Ricotta a Ricotti. La data di tale modifica è ancora tutt’oggi imprecisabile. Altresì dopo che fu creato il Largo Mercato, decisero di attuare notevoli lavori di ristrutturazione dell’edificio e di modifica dello stesso. Tali lavori regalarono al Palazzo Brienza una forma nuova, caratterizzata da due diverse unità e due diversi ingressi. È il portale dell’edificio a riportare la data di costruzione, l’a. D. 1819.
2. Descrizione del Palazzo Brienza
L’ingresso è imponente quanto l’edificio stesso ed è caratterizzato dalla presenza di due colonne, una per lato, la cui altezza supera il piano ammezzato. Tali colonne hanno il compito di sorreggere il balcone del primo piano il quale fa parte dell’appartamento abitato, in seguito, prima dai coniugi Pergola e poi da Attilio Brienza. Internamente, una scala in pietra sorretta da tre archi, consente l’accesso alle due abitazioni, una al piano ammezzato e l’altra al piano soprastante, dei fratelli Ricotti.
È risalente al 30 aprile del 1884 un importante documento, il quale assumeva di fatti natura di atto di vendita dell’immobile alla signora Michela Ricotti, e che testimoniava l’assenza dei servizi igienici all’interno dell’abitazione stessa e autorizzava la nuova proprietaria a costruire tali servizi igienici.
Le fondamenta dell’edificio sono costituite da una serie di archi dal cui sistema è stato ricavato un locale posto al di sotto delle due botteghe che si affacciavano in Via Pretoria e delle quali era proprietario Agostino Sciaraffa, di professione farmacista militare. Il locale in questione era formato da tre sottani: uno, quello al centro, vedeva l’accesso dal Vicoletto San Giuseppe e da questo era possibile accedere ai due locali laterali.
Inizialmente la struttura di tale abitazione fu presa in considerazione, all’epoca dell’ingresso in guerra dell’Italia, per istituire ricoveri anti-aerei fini ad ospitare i condomini dei vari fabbricati. I sopralluoghi successivi decretarono una sentenza contraria: l’edificio non permetteva la garanzia di creare una doppia uscita di sicurezza. Per tale motivo l’abitazione non venne presa più in considerazione per gli scopi sopradetti.
3. Le botteghe
Le due botteghe a piano terra con accesso da Via Pretoria, in una prima fase, furono utilizzate una come Caffè e l’altra come generica sala di intrattenimento. Sulla destra vi erano altre stanze: una più grande delle altre e una mezzana, a destra; uno stanzino ad uso di cucina, a sinistra.
Nel 1864 il locale situato nell’angolo creato tra Via Pretoria e Piazza Prefettura comprendeva all’interno un locale definito ambiguamente come locanda da stalla e non da letti. Ciò significava che chiunque giungesse in tale locale doveva dormire nelle stalle insieme ai cavalli.
Il notaio Venceslao De Rosa, con un’affissione risalente al 24 ottobre del 1864, annunciava la vendita di tali locali, di cui era proprietario il farmacista Agostino Sciaraffa, la quale sarebbe avvenuta in data 30 ottobre e avrebbe avuto esito negativo. Pervenne un’unica e incongrua proposta di acquisto dal signor Rocco Granieri. Con il tempo anche la locanda fu acquistata da alcuni parenti della famiglia Ricotti. Le modifiche apportate negli anni dai fratelli Ricotti aveva consegnato all’edificio una nuova struttura dotata di locali, specialmente al piano terra, concessi ad attività commerciali dalle quali derivavano molteplici profitti.
4. La sorte dell’immobile nei decenni successivi
Il monumentale edificio fu soggetto a numerosi cicli di compravendita, di una parte di esso, o di alcuni locali, adibiti ad attività commerciali differenti, dal momento che i fratelli Ricotti necessitavano di un’elevata somma di denaro per condurre un tenore di vita talvolta al di sopra delle loro possibilità, specialmente Gennaro, il quale era spesso propenso a chiedere prestiti senza però restituire la somma dovuta.
Tale situazione aveva consentito al palazzo di essere perennemente fulcro della vita quotidiana che si svolgeva nel Largo della Prefettura, caratterizzato dalla presenza di un mercato periodico del quale erano protagonisti animali da cortile e prodotti agricoli. Il via vai continuo di utenti e le condizioni igieniche di scarso livello, avevano fatto sì che la piazza del mercato proliferasse in poco tempo delle più disparate epidemie, quali, ad esempio, il tifo, il colera, epatiti, e molte altre, le quali causarono un numero elevato di morti spesso tumulati all’interno delle chiese in assenza di cimiteri.
Nei decenni successivi la vendita dei locali che componevano la struttura del palazzo continuò incessante. Filomena Fornario e Michele Francesco Pergola furono tra i gestori di tali locali concessi dai Ricotti.
In particolare i coniugi Pergola, fautori di differenti adozioni a causa delle morti premature dei loro figli, decisero con l’adozione del nipote Ernesto, avvenuto con regolare atto pubblico, di aggiungere al cognome Brienza quello di Pergola.
La collaborazione che si instaurò tra il Caffè e Riposto Pergola, gestito dal giovane Attilio, anch’esso adottato dai coniugi Pergola, e l’Albergo Lombardo di proprietà di Giovanni Boccia, portò alle nozze tra Attilio e la figlia di Boccia, Giovanna, nel 1913.
La precaria condizione economica di Gennaro Ricotti e i numerosi atti di cessione e di acquisto, portarono Michele Pergola a diventare il nuovo proprietario dell’immobile e a svolgere negli anni diverse attività commerciali.
Nel 1912 Attilio Brienza, nipote di Michele Pergola per via della moglie Antonia Pergola, zia del giovane, da quest’ultima venne nominato erede universale dell’intera unità immobiliare che costituiva il palazzo.
Attilio Brienza fu il proprietario fino al 1922, o 1925, quando subentrò al suo posto Giuseppe Laurita. Nel 1948 nacque una società tra i tre fratelli Brienza e il cognato Vittorio Urciuoli per la nuova gestione del Caffè Pergola, il quale fu completamente
ristrutturato e rinnovato grazie al progetto del Prof. De Rosa della Facoltà di Architettura di Napoli.
Il progetto, i cui lavori iniziarono nel 1949, vide la creazione di un’ulteriore sopraelevazione che sfruttò le soffitte e la terrazza del palazzo denominato ormai Brienza. Le modifiche non furono poi apportate in quanto il progetto prevedeva una sporgenza esterna della facciata di un metro per permettere la creazione internamente di un corridoio che separava tre vani, e vietate dall’ufficiale sanitario che aveva ritenuto inattuabile il progetto. Il prof. De Rosa si oppose fortemente decidendo di presentare un secondo progetto che venne accolto e le modifiche furono apportate con successo.
Il rinomato Caffè Pergola fu poi, dopo oltre un secolo, trasformato in una boutique di moda femminile, mentre la sopraelevazione del Palazzo Brienza fu dimora degli Urciuoli fino al 1956, quando la famiglia si trasferì a Napoli cedendo l’immobile a un imprenditore locale di nome Lamorgese che lo cedette a terzi, i quali lo sottoposero ad ulteriori modifiche tanto da dotarlo di un ascensore esterno per non intaccare la bellezza storica ed estetica del Palazzo.